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Cosa una clip mi ha insegnato sul mercato del lavoro

Angela ha partecipato allo scambio culturale “Let’s get a job”, co-finanziato dal Programma Erasmus+ della Commissione Europea. Il progetto è stato gestito ed organizzato dall’associazione Initiative Sociale.

Kyle Mc Donald doveva essere o disperato o terribilmente annoiato quando, nel 2005, ha deciso di
costruire una piccola fortuna su un oggetto davvero insospettabile: a red paperclip, una graffetta per fogli rossa.

Immagino la confusione di questo pezzettino di metallo, che mai avrebbe sospettato di vedere un sito
internet a lei titolato contare migliaia di seguaci, né tantomeno di essere ritratta in una scultura al centro
del Bell Park di Kipling, a dimensioni ben più imponenti di quelle originarie.

In effetti, tutta questa notorietà la clip se l’è assolutamente meritata per essere diventata un suggestivo
esempio di quanto lontano può portare una buona dose di determinazione, quando viene accompagnata dalla solidarietà di chi ci circonda.

L’obiettivo di Kyle era quello di scambiare la graffetta per qualcosa di valore sempre maggiore e la sua
speranza era di ottenere un bene davvero incommensurabilmente più costoso della sua graffetta: una casa.
Ci sono voluti circa un anno e quattordici transazioni per raggiungere questo obiettivo: dalla graffetta a una penna a forma di pesce, dalla penna a una maniglia di fattura artigianale, dalla maniglia a un fornello da campeggio, e così via, passando per un pomeriggio con Alice Cooper e una palla di vetro luminescente dei KISS, fino ad arrivare allo scambio definitivo: un ruolo nel film Donna on Demand messo a disposizione del comune di Kipling (che organizzerà un casting tra tutti i giovani della città, compresi quelli con minori possibilità), in cambio di una casa.

Questa storia a lieto fine avvenne in Canada e, quando le facilitatrici del progetto “Let’s Get a Job” ce la
raccontano, la mattina di una giornata uggiosa di fine ottobre, tra i quaranta paia di occhi che le fissano
basiti serpeggia un misto di ammirazione e impotenza di fronte a quell’ideale di “sogno americano”, che
sentiamo così distante delle nostre realtà, in cui la speranza di realizzarci non è lontanamente a portata di mano quanto una clip nel cassetto della scrivania. Quando veniamo divisi in gruppi e ci è assegnata la
nostra graffetta e il compito di andare in paese a scambiarla, ho già deciso che quell’attività sarà un
completo fallimento.

Horezu, il posto in cui ci troviamo, è una cittadina di 6000 abitanti, sperduta nella regione collinare
dell’Oltenia, a circa quattro ore di auto da Bucarest. Qui pochissimi parlano inglese e quasi nessuno capisce cosa ci fanno tutti quei ragazzi di età compresa tra i 18 e i 30 anni, provenienti da Italia, Spagna, Turchia, Polonia e Bulgaria, chiusi da giorni nell’unico hotel della zona. Non sanno, forse, che esiste un programma della Commissione Europea, che si chiama Erasmus+, che permette a tutti i nostri coetanei dell’Unione di partecipare a scambi culturali e corsi di formazione in modo completamente gratuito, dando davvero l’occasione a giovani provenienti da ogni tipo di situazione di imparare, di scambiarsi idee, di creare legami forti che sapranno superare le distanze. Probabilmente molti non sanno nemmeno che un’associazione che lavora tra loro per l’inclusione giovanile e per implementare un modello economico socialmente sostenibile in uno degli stati più poveri della UE, “Initiative Sociale”, ha organizzato per noi dieci giorni di attività per darci i mezzi necessari ad affrontare il trauma dell’entrata nel mercato del lavoro europeo.

Come possiamo spiegare loro, che nemmeno capiscono la lingua in cui parliamo e non hanno idea di cosa stiamo facendo, che abbiamo un’ora di tempo per scambiare la nostra clip con la cosa migliore possibile, e che abbiamo bisogno del loro aiuto per riuscirci?

Per fortuna, non tutti nel mio gruppo sono sconsolati quanto me. Un paio di persone sono entusiaste
dell’attività e ci si lanciano con un’audacia di cui non sarei mai stata capace. Scambiamo la clip con due
limoni, un limone con una fetta di torta e l’altro con un vaso di fiori… e così via, fino a tornare trionfanti in hotel con un barattolo da 750 grammi colmo di miele e un paio di scarpe nuove numero 42.

Sono già passate diverse settimane da quando, stremata da quasi due settimane di giornate intense di
apprendimento e nottate a conoscersi meglio di fronte a qualche tavola imbandita delle leccornie di
ciascun paese, ho lasciato la Romania. Quando ripenso a quei giorni, la memoria mi si affolla sempre dei visi sorridenti dei miei compagni, dell’energia di Oana e Ioana, le nostre facilitatrici, che ci hanno seguite instancabilmente in ogni attimo della nostra esperienza e la presenza rassicurante di Robert, presidente di “Initiative Sociale”, che si è fatto in quattro per rendere lo scambio piacevole e produttivo per tutti.

Quando penso a cosa ho imparato, allo stesso modo, visualizzo le giornate passate a capire cos’è l’Eeuropass, a montare un video cv, ad approfondire le potenzialità di Linked-In in un turbinio infinito; eppure, tra tutte queste immagini, quella dello scambio della graffetta ha sempre una rilevanza particolare.
Perché mi ha insegnato che è infinitamente meglio guardare alle situazioni difficili come a delle
opportunità, piuttosto che come a degli ostacoli.
Che quando ci sentiamo senza risorse possiamo sempre trovare un compagno di strada pronto a tirarcele fuori, e uno sconosciuto disposto ad apprezzare qualità che non avevamo considerato.
Che il valore delle persone, così come quello delle cose, si costruisce insieme.