Saverio è uno dei tre volontari europei che si trova attualmente a Samara per il progetto di volontariato “Let’s go active with Samara Waldorf
Kindergarten”, promosso e supportato dal Programma Erasmus+ dell’Unione Europea.
Una riflessione sul suo arrivo e la sua attuale permanenza.
Salve a tutti! Il mio nome è Saverio Barone e attualmente sono volontario presso l’asilo Waldorf Zjòrnyshko a Samara, Russia. Per chi non lo sapesse Samara è una delle maggiori città della Russia europea, che dal canto suo può vantare una popolazione di ben 1milione e mezzo di abitanti. La città è situata nella parte meridionale della Russia ed è collocata su una piccola penisoletta, che si affaccia sul fiume Volga. In questo breve (si spera) articolo cercherò di descrivere quella che è stata, fino a questo punto, la mia esperienza di volontariato in questo così lontano, ma allo stesso tempo vicino, luogo. Talmente lontano da trovarsi al di là del maestoso fiume Volga e allo stesso tempo così vicino a noi perché non a Samara, alla fine e che si dica quello si voglia, geograficamente ci troviamo ancora in Europa ( ne parlo in senso geografico non in senso politico). Prima di andare oltre e descrivere la mia esperienza, penso di dovermi presentare come si deve e descrivere nella maniera più rapida possibile chi sono.
Il mio nome già lo sapete, Saverio o Sasso per amici e parenti (e anche per i non italofoni, ebbene sì non so per quale motivo, ma ovunque vada nessuno riesce a pronunciare il mio nome, dunque per ovviare il problema, ogni qual volta che mi capita di dover abbandonare le italiche terre, lascio il mio nome nel cassetto del comodino vicino al mio letto per usare un diminutivo, che a quanto pare ovunque, sono in grado di pronunciare con una relativa facilità un po’ tutti quanti). Ho 25 anni, appena compiuti ( in realtà sono partito che ero ancora ventiquattrenne) e sono nato in una cittadina vicino Bari, Bitonto. Quando avevo 18 anni, dopo aver terminato gli studi presso il mio liceo (a Bitonto) ho vissuto per circa 10 mesi in Germania, a Berlino. Lì ho avuto la possibilità di migliorare notevolmente le mie capacità in tedesco (soprattutto, ma non solo tedesco!) e alla stesso tempo ebbi anche l’opportunità di fare la mia prima esperienza all’estero. Dopo questa prima esperienza berlinese tornai a casa per potermi iscrivere in università, presso la facoltà di lingue e letterature straniere a bari, dove scelsi come lingue curriculari tedesco e russo. Dopo il mio primo anno di università feci domanda per il progetto Erasmus Plus ed ebbi, ancora una volta, la possibilità di spendere ancora un anno della mia vita in Germania per affinare ancor di più le mie competenze in tedesco, per approfondire ancora di più le mie conoscenze sulla cultura tedesca dei giorni nostri (parafrasando: era una cosa davvero sublime pagare le Paul Haner solo 1,30 euro) e poi sì, perché no! Portarsi a casa qualche CFU. Dunque partii una seconda volta per la Germania, ma questa volta a Lipsia (stando alle parole dei tedeschi conosciuti in questa seconda esperienza: “una piccola Berlino con pochi stranieri). Una volta finito il mio Erasmus, ovviamente, sono tornato in Italia per terminare il mio corso di studi , ma… ma cosa ve lo dico a fare.. . Una volta tornato non sono riuscita a laurearmi in tempo e per circa tre anni sono caduto in un letargo, che poi ho chiamato “Letargo dell’intimità”. In questo periodo mi sentivo svuotato di tutte quelle caratteristiche e peculiarità che avevano fatto di me, fino a quel momento, la persona che ero. Le prime avvisaglie della “Primavera” le ho avute, quando mia sorella (anche lei, a suo tempo prese parte al progetto del Servizio volontario europeo) non mi mandò sulla chat di Facebook la descrizione di questo progetto in Russia. In Russia. Come ho già detto in università ho studiato tedesco e russo e questo progetto in Russia capitava proprio fagiolo. Era una possibilità più unica che rara. La possibilità di poter passare del tempo in questo paese così vicino, ma così lontano. Un luogo, a prima vista freddo e inospitale, ma in realtà col senno di poi, si è rivelato il luogo adatto per la mia “Primavera” dal “Letargo dell’intimità”. Il progetto, a cui ho preso parte consiste in un volontariato presso uno degli asili Waldorf nella città di Samara e durante la mia permanenza a Samara presso l’asilo avrei dovuto partecipare alle attività con i bambini, aiutarli a socializzare tra loro, aiutarli a vestirsi e così via. In sostanza una specie di maestro d’asilo senza stipendio e disposto a prendersi cura dei bambini, affidati alle cure e alle attenzioni dell’asilo. Perfetto!
L’unico ostacolo era la laurea. Nell’arco di circa 5 o 6 mesi diedi circa 7 esami e sempre in questi mesi scrissi la mia tesi di laurea e alla fine riuscii a laurearmi. Inutile dire che durante quei mesi più uno zombie che un essere umano. Ma alla fine mi sono laureato, ero libero di partire. Ero libero di vivere questa esperienza in questo paese freddo oltre ogni immaginazione per noi mediterranei e libero di scoprire come “una terra così fredda possa dare alla luce persone così calde e ospitale”. Ci terrei a precisare, ovviamente, come in qualsiasi posto al mondo, ci sono persone più cordiali e persone meno cordiali. Nel caso della Russia, anzi della Russia al di fuori di Mosca e Pietrogrado (esatto sono uno di quei nostalgici, vecchi dentro, che preferiscono Pietrogrado al posto di San Pietroburgo) si può gustare a fondo un’esperienza autenticamente russa, alla vecchia maniera e assaporare quella cordialità e quel calore, che ci si aspetterebbe da persone che abitano territori più temperati, ma con quella sfumatura tipicamente russa. Samara era lì dietro l’angolo, a portata di mano. Mi bastava solo allungare il braccio e aprire la mia mano per afferrarla. Con questo spirito ho aspettato la data della partenza e in questa attesa il tempo mi sembrò restringersi e così quell’attesa interminabile finì e senza nemmeno accorgermene mi sono trovato a dover salutare amici e parenti ( anche se per poco) per partire.
Il viaggio da Bari a Samara, così come altri viaggi, si è rivelato un viaggio della speranza, mi ci è voluta una giornata per arrivare a destinazione. Però, a onor del vero, ne valsa pena. Quando sono atterrato all’aereoporto di Samara era ancora buio e non erano ancora arrivati il mio mentore colla mia host family per portarmi in città. Dovete sapere, infatti, che l’aereoporto di Samara si trova, circa, a 37 km di distanza dalla città. Dunque o si prende un taxi, o ci si è organizzati in anticipo con qualcuno che è sul posto oppure si è costretti ha dovere subito fare i conti con una delle realtà più tipiche della Russia (forse in generale dell’est europeo di matrice slava) la MARSHRUTKA. Ora vorrei premettere che fino a questo momento la mia esperienza in Russia è per lo più positiva, ma una cosa alla quale penso non mi abituerò mai è la Marshrutka. La Marshrutka altro non è che un pulmino, che appartiene a un privato cittadino, che viene adibito a mezzo di trasporto pubblico. Al suo interno vi potranno entrare, a seconda della tipologia del mezzo messo a disposizione dall’autista, 10-15 persone. Ma la dura realtà è che, non si sa come, puntualmente ci entrino dalle 20-30 persone. In sostanza come primo approccio a ciò e russo potrebbe risultare come traumatico. Il lato positivo però è che di solito sono molto rapidi a raggiungere le varie fermate (giusto per precisare, le fermate sono su prenotazione. Bisogna dire ad alta voce “na sledushaja ostonvka, pozhalujsta”, che reso in italiano sarebbe: alla prossima fermata, per favore). Fortunatamente, prima di partire mi ero organizzato col mio mentore Denis e sarebbe venuto a prendermi dall’aereoporto. Uscito, sentii subito l’aria fresca della notte che diventava lentamente giorno, dovetti aspettare circa un quarto d’ora prima che Denis arrivasse a prendermi colla sua macchina. Nel mentre mi ero fumato la prima sigaretta in Russa. Mentre fumavo, però, osso dire di avere avuto una specie di compagnia. Era un tassista, che insistentemente, mi chiedeva se avessi bisogno di un passaggio per arrivare in città. Dovevo solamente dirgli qualcosa tipo: “No no grazie non c’è bisogno” oppure “Ho già fatto”. Eheheh mai fino a quel momento è stato così difficile farmi capire; tra me, che ovviamente dopo una triennale in russo e non essere mai stato in Russia, non è che il mio russo fosse così comprensibile (anche per i madrelingua) e il tassista, il quale non parlava inglese e tentava di farsi capire tra gesti e parole incomprensibili. Ma alla fine, viste le difficoltà comunicative e i miei continui rifiuti (a gesti ovviamente), aveva capito che per lui non c’era nulla da fare. Si girò dall’altra parte e andò verso una coppietta appena uscita dall’aereoporto per offrire i sui servigi a qualcuno, che spero, fosse in grado di capire ciò che diceva. In tutto ciò Denis era arrivato. Dopo esserci salutai e presentati per bene c’incamminammo verso la macchina, la quale era stata parcheggiata a circa una decina di minuti di camminata dall’uscita. Mi aiutò a mettere la valigia nel cofano della macchina e partimmo verso la città. Come ho già più sopra, tra l’aereoporto e la città di Samara, ci sono circa 37 km di distanza, traslato in tempo circa 45-50 minuti.
La mia prima impressione della Russia, nel distretto federale del Volga, nel samarskij Oblast’, ha fatto riferimento alle parole del mio professore di lingua e traduzione e letteratura russa del primo anno di università. Era la lezione, del primo anno, di letteratura russa I il professore c’introdusse alla letteratura russa con queste parole: “ Ragazzi, nella letteratura russa ci sono due concetti fondamentali, che ritroverete in ogni singolo autore e in ogni singolo tema che andremo ad affrontare e che affronterete anche nel corso di letteratura russa II. Questi sono: Prostor e Krosota. Prostor è la grandezza sconfinata della steppa della Russia, senza confini, che influisce sull’animo dei russi e di coloro che abitano la steppa. Essi finisco col diventare immensi, come la steppa. Krosota, invece, è la bellezza divina. Quella bellezza alle quale, ogni russo tende; quella bellazza che possiamo ritrovare nel viso di un bambino, quando scopre qualcosa di nuovo nel mondo, che gli è stato donato da Dio”. Ora mi trovavo in Russia. La terra del Prostor e della Krosota e in quella macchina, in quei 50 minuti di viaggio fino in città, ho ricordato quella scena e quelle parole del mio professore, le quali in quel momento mi sembrano così lontane e sfuggenti; ma in quella macchina, dopo il mio arrivo, per la prima volta mi era quasi sembrato di vedere dal finestrino quel Prostor del quale stava parlando il professore. Una vista sconfinata, che si estendeva a perdita d’occhio in tutte le direzioni. Quella era la steppa. La stessa spetta di Temujin (Cinghiz Khan) e dei sui Mongoli, la steppa degli Unni e degli Sciti (non gli sciiti, potete trovarli in Iran) la stessa steppa del “Canto della schiera di Igor’”, la stessa steppa che parte dall’Ucraina e arriva in Manciuria. Una terra piena di storia e di genti e di lingue, che secoli, forse anche millenni, hanno convissuto insieme in questo luogo senza confini, mischiandosi fra loro e facendosi anche la guerra tra loro. Quella che vedevo dal finestrino dell’auto di Denis, non era semplicemente la steppa infinita, era il concretizzarsi di un sogno ricordato una marea di volte, quella era la grande steppa che si presentava ai miei occhi in tutta la sua grandiosità e bellezza e cruda realtà. Questo era era quel Prostor del quale stava parlando il mio professore di russo, ed ero riuscito a vederlo. Sentivo che qualcosa si stava smuovendo, ma ancora no riusci bene a capire cosa si stesse muovendo nei meandri più profondi della mia persona. Ora penso di poter dire che , quello che ho sentito muoversi nel mio “animo” è stata “la Primavera”, di cui ho parlato all’inizio. Devo dire però, che è davvero ironico che sia partito da casa con questo “letargo dei sentimenti” e ora arrivo in Russia, alle soglie dell’Autunno e poi l’Inverno, per svegliarmi da questo letargo. Il Prostor, insomma, ha avuto il suo effetto e non potevo essere più soddisfatto.