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L’ESC di Marta: un’esperienza unica

Marta ha partecipato al progetto GIVE 2 come volontaria ESC. Il progetto è co-finanziato dal Programma Corpo Europeo di Solidarietà dell’Unione Europea

Ho conosciuto il mondo ESC e degli Erasmus + poco più di un anno fa, quasi per caso; certo: “meglio tardi che mai” si suol dire in questi casi, ma mi dispiace davvero molto non aver avuto possibilità prima di approfittare di questi programmi.

Purtroppo c’è ancora poca informazione, ma credo sia doveroso divulgare queste opportunità ai più giovani, così da spronarli il più possibile ad intraprendere un percorso formativo e professionale, e che definisco orgogliosamente
un’esperienza di vita.


Ricordo bene l’eccitamento non appena mandai la candidatura, sia perché non avevo ancora fatto esperienze all’estero di periodi più lunghi e desideravo da anni fare un volontariato “fuori porta”, sia perché ciò che si proponeva nella call era attinente a tutti i miei interessi, e non vedevo l’ora di concretizzare una volta per tutte i miei studi e le mie passioni.

Ebbene, il mio ESC a Gaziantep si è rivelato un insieme di tantissime cose ed emozioni; per farvi un esempio: attività di educazione non formale e giochi da preparare, organizzare e realizzare ogni giorno per bambini e ragazzi, team work continuo con gli altri volontari, aspetti logistici non particolarmente agevoli tra pasti, lavatrici, pulizie e quant’altro (abitando con più di venti persone non è mai facile coordinarsi), chiacchiere e risate con le mie compagne di stanza, avventure nel fine settimana in giro per la Turchia, baklava e pistacchio dovunque, strade caotiche, caldo atroce (media tra 35° e 40° non proprio simpaticissimi), abbracci improvvisi da parte dei bimbi con cui comunichi anche senza conoscere il turco o l’arabo, racconti dei volontari locali, usi e costumi molto diversi da ciò a cui ero abituata (ma l’incontro con altre culture è sempre stimolante e arricchente), e infine una grossa dose di stanchezza, talvolta sconforto, causati da disorganizzazione e difficoltà linguistiche, e un certo senso di impotenza e rassegnazione per non
poter fare di più per tutti quei giovani che non si sentono parte di quella società, e perché in un solo un mese e mezzo difficilmente potrai percepire quell’impatto che stai portando, anche se la speranza di aver fatto del bene, e di aver prodotto qualcosa di concreto, è molta.

Insomma, Geged e i suoi volontari e ragazzi così come Gaziantep e i suoi cittadini e ciò che offre mi hanno dato molto, e se anche certe dinamiche alcune volte non mi andavano a genio o non mi facilitavano il lavoro da volontaria, una volta rientrata, mi sono accorta che mi mancava tutto quanto. Perché alla fine anche in poco tempo si creano tante piccole abitudini, e modificare quella routine ti porta sempre un po’ di scompiglio e nostalgia. Di ogni esperienza di vita si prende il bello e il brutto, perché entrambe le parti ci aiutano a crescere e ci incoraggiano a migliorare noi stessi e ciò che ci circonda. Sarò sempre grata per aver avuto questa opportunità, e la fortuna di aver conosciuto tante persone impegnate, dedite e di grande ispirazione. A distanza di quasi un mese dal rientro, ancora devo realizzare e metabolizzare tutto ciò che ho vissuto: non mi sembra vero di aver passato un mese e mezzo ad
abbuffarmi di baklava!