[:it]Luigi Pappalardo ha partecipato al progetto di volontariato ““GIVE – Gaziantep Integration by Volunteers from EU”, co-finanziato dal Programma Corpo Europeo di Solidarietà dell’Unione Europea.
Il progetto prevede la partecipazione di 10 volontari in attività volte a promuovere l’inclusione sociale nella comunità locale tra gruppi diversi, tra cui siriani e turchi.
“L’esperienza con gli European Solidarity Corps (ESC) in Turchia è qualcosa che ti toglie il fiato e un ricordo che ti arricchisce per lungo tempo.
Mi chiamo Luigi e la scorsa estate ho partecipato ad un’esperienza di volontariato europeo con l’associazione giovanile Gaziantep Eğitim ve Gençlik Derneği, comunemente nota come GEGED a Gaziantep, nel sud della Turchia, grazie a Scambieuropei e al fondo Corpo Europeo di Solidarietà.
Il volontariato consisteva nel collaborare con dei centri di formazione turchi per l’educazione dei giovani della città. Gaziantep è una città particolare, che dall’inizio del conflitto siriano nel 2011 è cambiata tantissimo.
Oggi ospita oltre mezzo milione di rifugiati siriani che vivono in una città che oggi rappresenta uno dei migliori modelli di integrazione al mondo. Proprio la diversità etnica, culturale, sociale e di visioni, ma anche paesaggistica, biologica e storica è ciò che più mi ha meravigliato di questo interessantissimo paese. Mille paesi in un paese solo.
Se dovessi partire da un’immagine a caso che ancora ho fissa nella mente, la risposta sarebbe immediata: Sunset point! Insieme agli altri volontari, abbiamo viaggiato molto per il paese e la bellezza dei paesaggi ci ha reso dei veri e propri cacciatori di tramonti. Abbiamo provato anche a cacciare l’alba, ma abbiamo sempre fallito miseramente, svegliandoci troppo tardi.
Nonostante le giornate trascorse in mezzo al nulla, circondati solamente da splendidi paesaggi e animali di cui ignoravo l’esistenza, molto più simili a dei Pokemon, devo però ammettere che la diversità di storie che le persone ci hanno raccontato è l’aspetto più profondo e bello. Gaziantep è una specie di frontiera tra quello che è l’ovest della Turchia “europea” e l’est “mediorientale” del paese. L’unica certezza è che ovunque andrai, le bandiere turche e le immagini di Atatürk ti seguiranno.
Andando verso est, arriviamo nella regione curda della Turchia. Sappiamo tutti della difficile situazione politica che vivono i curdi in Turchia, siamo andati perciò quasi in punta di piedi, ma con tanta curiosità di parlare direttamente con loro. Se alcune persone non si aprivano, cercando di evitare di parlare della loro etnia o delle loro storie, altre in realtà si sono presentate subito come curdi, mostrando la loro fierezza, come Mohammed il tassista che ci ha portato in un sito archeologico sulle note di Kêçika Kurdistan e che però doveva cambiare canzone ai checkpoint lungo la strada. È stato bellissimo quando dicevo che venivo dall’Italia e la risposta era sempre la stessa: “Ah Italia! D’Alema!”, famosissimo per le vicende politiche che riguardavano il leader curdo Öcalan.
Abbiamo sentito anche storie meno divertenti, ma comunque molto significative per capire com’è la vita lì. Storie diverse venivano invece lungo il confine sud con la Siria, dove le realtà come Gaziantep di mix tra turchi e arabi siriani sono la normalità. Speciale per noi è stata la provincia turca di Hatay, un territorio storicamente siriano e oggi turco, in cui la popolazione parla sia arabo che turco. Qui abbiamo conosciuto Reyhanlı: una città divisa dalla Siria solamente da delle montagne e due lunghi muri. Una città che come Gaziantep ha visto il numero dei propri abitanti più che raddoppiare con l’arrivo dei siriani. Una piccola Siria in Turchia. Qui però le cose sono ben diverse da Gaziantep in termini di stili di vita e servizi pubblici quasi totalmente assenti.
Siamo stati ospiti presso una famiglia siriana che ci ha parlato dei problemi comuni che i siriani vivono in Turchia, nonostante dovrebbero avere diritto all’accesso dell’assistenza per i rifugiati secondo il diritto internazionale, ma che per un sistema di protezione interno turco, non ricevono alcun aiuto se non dalle organizzazioni locali e internazionali no profit. Ci ha parlato e mostrato anche il loro lavoro per aiutarsi a vicenda e presentato numerose persone e storie. In una parola, descriverei le loro tante storie in resilienza, cioè la capacità che hanno sempre avuto di sopravvivere e reinventarsi per andare avanti nonostante tutte le difficoltà. Ci sono stati però, anche momenti, molti a dir la verità, in qui non si parlava perché avevamo le bocche piene, i pranzi in famiglia, molto simili a quelli delle nonne italiane in termini di abbondanza.
La Turchia è un paese che presenta sempre cose nuove, persone, ambienti e storie. Un paese che bisogna visitare aprendosi a chi e a ciò che si ha la fortuna di incontrare al fine di arricchire sé stessi. Ma parlando d’incontri, sicuramente devo ringraziare le meravigliose persone che mi hanno accompagnato in questi viaggi e nelle settimane di volontariato, ossia gli altri volontari ESC e l’associazione giovanile GEGED e ScambiEuropei che hanno reso possibile questa esperienza.
“
[:]