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Jennifer e la sua esperienza ESC a Sousse

Un pensiero da Jennifer, la nostra volontaria del progetto “Experience the Change!” presso l’associazione ASED in Tunisia. Il progetto è co-finanziato dal Programma del Corpo Europeo di Solidarietà dell’Unione Europea e supportato dall’Agenzia Nazionale per i Giovani.

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Confinati in casa, sì, ma nulla ci impedisce di viaggiare con la mente, sognando e pianificando esperienze future o rivivendo quelle passate, come quella del mio primo ESC a Sousse, Tunisia.

Ed ecco quindi che, letteralmente in un battito di ciglia, non sono più sola. Bambini di ogni età mi corrono in contro, urlando il mio nome, per poi abbracciarmi forte e sussurrarmi all’orecchio tutte le parole e i numeri in italiano imparati finora. Sono i bambini dell’orfanotrofio. Passare le giornate con loro era una vera gioia. Con quei sorrisi, quella vivacità e quell’ingenuità con cui ti dicevano tutto ciò che pensavano. Non importava da quale paese venissi o quale lingua parlassi, loro volevano solo giocare con te, volenterosi di imparare e mostrarti quanto già sapevano, senza rendersi conto di quanto loro, in realtà, ci stessero insegnando a noi.
Loro che pur non avendo nulla, ogni volta che ti vedevano ti regalavano qualcosa, anche solo un cioccolatino, che ti raccontavano dei sogni futuri, che ogni volta che arrivavi quasi si stupivano nel vedere qualcuno che davvero si interessasse a loro. Ognuno con la propria storia.

Da lì poi, eccomi che mi ritrovo al vivaio, con Karima, Mounira e Mabruka, le mie 3 mamme tunisine. Delle super donne, dal cuore d’oro e le braccia fortissime. Lavorare con loro era sempre festa. Piantavamo, innaffiavamo,  potavamo piante ecc ho imparato tanti piccoli segreti dell’arte del giardinaggio. Amavano viziarci preparandoci  sempre piatti tipici. All’ora di pranzo ci mettevamo in circolo, usando secchi a mò di sedie e tavoli, e condividevamo il cibo, tutti insieme dalle stesse ciotole, mangiando rigorosamente con le mani. Persone semplici, che lottano ogni giorno per guadagnarsi da vivere e mandare avanti una famiglia.
Grazie a loro ho potuto conoscere tanto della cultura araba, delle loro tradizioni, del loro stile di vita. Rispondevano ad ogni mia singola domanda e lo stesso facevo io con loro, così curiose di saperne di più dell’Italia sotto ogni suo aspetto.
Quando parlavano del Ramadan, di tutte le loro festività gli brillavano gli occhi commosse. Ci davano consigli, erano sempre presenti e si preoccupavano di come stessero i nostri parenti o amici. A parte una di loro, le altre non parlavano altro che tunisino, ma nonostante ciò non ci sono stati problemi di comunicazione. Anzi, è stato un buon esercizio per poter praticare tutto ciò che imparavamo durante la nostra lezione settimanale di dialetto con Oumaima, la figlia del nostro coordinatore. Lezioni del tutto informali, ma ben strutturate e organizzate e grazie alle quali abbiamo imparato davvero tanto.

E poi ecco che mi trovo a guardare il mare, alla spiaggia dietro casa. Una delle cose che più ho amato. Quando eravamo troppo pigri per organizzare piccoli viaggi o gite fuori porta, era il nostro angolo di paradiso lontano dalla confusione, che fosse per prendere un po’ di sole o anche solo una passeggiata. A febbraio avevamo addirittura fatto il bagno, il primo della stagione, e spesso organizzavamo giornate per raccogliere i rifiuti, cercando di esaltare al meglio la bellezza di quei paesaggi. La gente era grata per ciò che facevamo e si era messa a disposizione anche per fornirci materiali come buste e guanti in caso di bisogno.

Oltre a ciò, diverse sono state le attività proposte da noi volontari in prima persona o organizzate tramite il nostro centro giovanile. Abbiamo aiutato nella raccolta delle olive, partecipato a delle lezioni di scuola coranica con i bambini, eventi culturali, dipinto e pulito scuole, preso parte a un progetto sui mosaici, imparando quindi a tagliare marmi, ristrutturato muri in pietra, sistemato giardini, organizzato giornate a tema ecc tra queste, ovviamente, non poteva mancare quella italiana, durante la quale abbiamo raccontato un po’ della nostra storia e cultura e abbiamo fatto assaggiare loro alcuni dei nostri prodotti tipici, anche se, purtroppo per loro, non sono in grado di apprezzare realmente i nostri sapori. Per loro infatti non esistono mezze misure, tutto deve essere dolcissimo o strapiccante. Personalmente, essendo abituata a cibi speziati, non ho mai avuto problemi, anzi, ho amato la loro cucina, nonostante la monotonia degli ingredienti. Penso che l’aspetto culinario sia fondamentale per capire la cultura e la storia di un popolo. Come, quando e perché mangiano determinati piatti, i segreti della preparazione di ciascuno e le mille varianti.
A tal proposito, ho organizzato spesso lezioni di cucina tradizionale tenute da alcuni amici e le loro mamme, per scoprire tutto ciò che c’è da sapere e poter replicare le varie ricette anche a casa.

Ecco ora il profumo del pane appena sfornato e la confusione del mercato, sono nelle stradine della Medina. Un posto magico, anche se ormai un po’ troppo turistico, con i suoi negozietti e caffèes. Le signore con i loro abiti tradizionali e i gli anziani seduti a giocare a carte con caffè e sigaretta ti fanno però tornare indietro nel tempo.
Quelle stradine che inizialmente sembravano un labirinto senza via di uscita ma che dopo tutti quei mesi ricordi a memoria. La gente ormai mi riconosceva per strada e con molti ci si scambiava sempre due chiacchiere. I tunisini in generale sono delle persone squisite, sempre pronte ad aiutarti, ospitali, gentili ed educati, anche se ovviamente non possono mancare le eccezioni. Una delle cose che più mi affascinava era il fatto che ci si scambiasse il saluto in segno di rispetto con chiunque si incrociasse per strada, o con chiunque si avesse un’interazione. Che fosse l’autista dell’autobus, un cameriere, un negoziante o qualcuno a cui si era chiesto un’indicazione, tutti ti regalavano sempre un grande sorriso.

Oltre a tutte le attività, anche grazie a questi piccoli dettagli di vita quotidiana, alla semplicità e bontà delle persone ho imparato e sono cresciuta tanto, a livello pratico quanto soprattutto a livello emotivo e mentale. Anche l’essere indipendenti, il dover gestire i propri soldi, il proprio tempo, il dover condividere un appartamento con altre 4 persone, con abitudini e pensieri completamente diversi, tutto ti cambia. Ci si rende conto dei veri valori della vita, di quante cose spesso diamo per scontato, si vede tutto sotto un altro punto di vista. Una crescita che sicuro mi ha aiutato tanto anche ad affrontare questo periodo così particolare che stiamo vivendo.

Quella dell’ESC è un’esperienza che rimane nel cuore, sempre viva e piena di emozioni, non solo per l’infinità di ricordi e momenti speciali vissuti ma soprattutto grazie ai forti legami che si instaurano.  Oltre ai membri dell’associazione, i miei coinquilini, i bambini, le maestre, le mie “mamme tunisine” e tutti i dipendenti del vivaio, infatti, sono tante le persone che sono entrate a far parte della mia vita e che tuttora, tra messaggi e videochiamate, fanno parte della mia quotidianità. Gente del posto ma anche da altre parti del mondo, Spagna, Italia, Turchia, Cina, Korea, Romania, con cui ho condiviso momenti indimenticabili, che mi hanno accompagnato in questo mio percorso, standomi sempre vicino e che ormai sono come una seconda grande famiglia per me. Sicuramente dovrò aspettare ancora un bel po’, ma non appena tutta questa situazione sarà finita, tornerò nella mia amata Tunisia per  riabbracciare tutti più forte che mai! Per ora continuiamo a fantasticare!

 

Jennifer Tamerat