[:it]Chiara è stata una delle volontarie che ha svolto la sua esperienza a Gaziantep.
Il progetto “ESC Volunteers in Gaziantep: Be Active for Community Integration” è co-finanziato dal Programma Corpo Europeo di Solidarietà dell’Unione Europea.

All’aeroporto di Istanbul sono stata fermata da un poliziotto che non capiva le motivazioni che mi portassero a sud-est della Turchia; mi squadrava e continuava a chiedermi “Why Gaziantep?”.

Lì per lì, non lo sapevo nemmeno io; solo quattro giorni prima non sapevo che sarei partita. Ora, tornata da qualche giorno alla mia routine, forse saprei rispondere alla domanda del poliziotto:

Vado a Gaziantep per:
Avere la possibilità di vivere con altri volontari provenienti da più parti del mondo, adattarsi ai diversi ritmi (eccetto l’ora di andare a dormire).
Avere la conferma che fare volontariato internazionale non vuol dire “salvare il mondo”, quello lasciamolo ai supereroi, ma aspettare, misurarsi in qualche attività, ammettere le proprie debolezze e affiancare.
Apprendere che il cibo sarà sempre il modo più diretto e concreto per accoglierti “a casa”.
Avere la possibilità di conoscere miei coetanei, locali e siriani, entrare nelle loro case, parlare delle ambizioni e delle passioni che ognuno ha, del proprio passato e, più importante, di quel che sarà.
Comprendere quanto un confine possa rappresentare una cesura, una ferita.

Vedere quella terra, tra il Tigri e l’Eufrate, che la maestra spiegava in seconda elementare.
Imparare a fare il risotto alla zucca, più o meno.
Confrontare la propria conoscenza con la realtà geopolitica della zona.
Camminare le ore, a caso e senza giudizio, per capire una città.
Essere soprannominata Heidi perché vieni da una zona di montagna.
Rimettere in discussione le proprie idee pre-partenza.
Diventare così una persona privilegiata, che ha potuto muoversi, capire, confrontarsi, spiegare, promuovere, vedere, assaporare, annusare, camminare, toccare e soprattutto ascoltare.
Ecco perché Gaziantep.

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