Nicolò ha partecipato al progetto “GIVE 3 – Gaziantep Inclusion by Volunteers from the EU”, co-finanziato dal Programma Corpo Europeo di Solidarietà dell’Unione Europea.
“Un giorno, all’esterno della sede della nostra ong, avevamo organizzato un banchetto dove distribuire zuppa e pane. Il terremoto aveva colpito Gaziantep alcuni giorni prima e molte erano le persone che avevano bisogno di un pasto caldo. Alcuni volontari stavano dietro il tavolo e consegnavano il cibo; altri, invece, mantenevano ordinata la fila. «Çorba ve ekmek ister misin? [Vuoi minestra e pane?]», domandavamo ai passanti e perfino a chi, guidando la macchina, transitava per la strada lì di fronte. Ad aspettare il proprio turno c’erano soprattutto bambini. Questi portavano con sé una pentola, più capiente del contenitore di carta che offrivamo, e se la facevano riempire di zuppa. Poi, silenziosi, andavano verso casa, dove avrebbero condiviso il pasto con il resto della famiglia.
Improvvisamente comparve davanti ai miei occhi un bimbo, quattro anni, non di più. Oscillava a destra e a sinistra, mentre cercava di raggiungere il banchetto; il recipiente un po’ arrugginito, che teneva per il manico come fosse un secchiello, doveva essere troppo pesante per lui. La pelle annerita somigliava a quella di uno spazzacamino e lo sporco si era annidato sotto le unghie, contornandole di linee scure. Lo osservai mentre si faceva riempire il contenitore di acciaio. Seguiva con lo sguardo il movimento della minestra che scendeva fino alla pentola. Quando questa fu colmata, la riprese in mano. Era ancora più pesante e ciò lo costrinse a procedere più piano, con attenzione. Lo guardai di spalle mentre si allontanava. Era minuto, le spalle sì gracili, ma mature, adulte. Compiva quel gesto – portare a casa da mangiare – con naturalezza, quasi l’avesse sempre fatto. Lo raggiunsi velocemente, la minestra rischiava di strabordare per le oscillazioni. Mi vide e si fermò. Rivolse gli occhi, interrogativi, verso di me. «Yardım edebilir miyim? [Ti posso aiutare?]», chiesi dolcemente. Non rispose, ma mi porse la pentola; io la afferrai prontamente. Camminammo insieme per un breve tratto. Gli domandai quale fosse il suo nome e quanti anni avesse; lui biascicò qualcosa che non capii, e io non gli chiesi di ripetere. Giunti all’angolo della via, una ragazzina vivace, passando da dietro, mi prese di mano il recipiente e mi disse con voce acuta, divertita: «Teşekkür ederim! [Grazie!]». Lui rimase a fissarmi inespressivo. Poi, strattonato da quella che doveva essere sua sorella, si girò e i due proseguirono per la loro strada. “
Nicolò Cenietimepo